Man Ray è stato senz’altro un genio o, alla peggio, un artista tanto furbo da convincerci tutti di essere tale.
Fosse vera la seconda, poco importa: ci si lascia abbindolare volentieri, specie dopo aver letto la sua godibilissima autobiografia, intitolata semplicemente Autoritratto.
La copertina. |
Man Ray dipinge. Man Ray scatta foto. Man Ray, pur di scansare l’insostenibile noia delle diatribe che non conoscono vincitori, taglia corto (“La fotografia non è un’arte”) anche se è il primo a non credere a ciò che dice. Man Ray ruba qualche tunbetto di colore, e non se ne pente: “Ero convinto di farlo per la più nobile delle cause (…). Considero tutti gli artisti esseri sacri e privilegiati”.
Man Ray sogna la campagna, Man Ray se ne va a vivere in città. Man Ray ha un sacco di donne. Man Ray gioca a scacchi – lo battono tutti. Man Ray è dadaista, ma anche surrealista: forse, in verità, è solo Man-rayista.
Man Ray ha un debole per le opere incompiute: “Lasciano spazio all’immaginazione”. Man Ray non ha strumenti di lavoro, ma cose che gli capitano tra le mani.
Man Ray è “il datore di lavoro di sè stesso” e gli sembra “di essere sempre in vacanza”. Crede che il vero artista debba essere felice, non eternamente sofferente. Ha paura della folla: preferisce le persone quando sono sole, la situazione in cui “danno il meglio”.
Istrionico, geniale, incoerente: egocentrico, soprattutto.
Uno, o centomila: nessuno, no di sicuro.
Matteo Pezzi
Interessante post Matteo, ho letto in passato su questo interprete.
Grazie Paolo. Quando finirò alcuni libri che ho a mezzo, voglio leggere anche altre sue opere ("Sulla fotografia" ecc). Ciao ciao